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maggio, 2011

AGRODOLCI/NOVELLE

Ci fu il periodo dei racconti per bambini, pubblicati su Rivista a Roma e quello delle novelle fantastiche, alcune premiate a L’Aquila. Nel 1996 di nuovo il breve racconto poetico mi chiama. Faccio quindici novelle, né realistiche né tradizionali ma certamente spiritose. Le raccolgo e l’anno dopo esce per la Polistampa un libro, appunto “Agrodolci/Novelle”.

Vi dò alcuni dei titoli per rendere l’atmosfera. “Gli ovini in assemblea”, “Le donnine numerate”, “Pachiderma galante”. Sulla copertina appare un mio simpatico ritratto di Mariapia Moschini e poi varie illustrazioni di valore del grafico Mauro Conti. La prefazione è doppia e dovuta al noto studioso della favola Carlo Lapucci e all’amico Franco Manescalchi. Stralcio dal primo e dal secondo.

 “A cominciare dalla fiaba, la narrazione che voglia essere comunicazione si muove in questo senso, parla questa lingua, non fa la fotocopia del mondo ma decodifica le tracce che dalla realtà dei sensi fuggono nel mistero e quelle che dal mistero ritornano, intrecciando il poco che sappiamo di noi e del mondo col molto che non sappiamo”

 “In “Agrodolci/Novelle” si entra nel cuore delle cose, in un immaginario variegato e rutilante valido in sé, nella sua corporeità emergente dall’incubo diurno e dalla veglia notturna: da un contrasto coeso”

 Dovrei ora, per riportare dei brani, dividere le novelle stesse, tutte basate su un unico evento. Dovrei disturbare “L’omino della speranza” mentre aiuta zia Ananassa. Interrompere lo svilupparsi del rapporto fra “Il leone e la vecchietta”. Ridurre lo spazio al graduale apparire del nuovo “Paese adattato”. No, non me la sento. Riporto solo l’autocitazione dell’inizio.

 

IL MIO PRIMO HAIKU

L’erba ed i fiori

un uomo sta in riposo

il cielo guarda

L’ARCA DI NOE’

La grande quantità dei versi rimaneva, più avevo tolto stralci di poesia da lettere d’amore ricevute. Riunii tutto questo aggiungendo certi inediti di prosa poetica come da richiesta e feci un nuovo libro, una decina d’anni più tardi rispetto al primo. Con chi? Mariella Bettarini e Gabriella Maleti della collana “Gazebo”. Con quale prefazione? Una nota dell’autrice. La quale autrice, come forse è riportato nel curriculum, nel frattempo era stata socia e frequentatrice dello storico fiorentino Cenacolo di Santa Croce, quello dei letterati. Ecco un brano dalla mia nota.

 “La vita io me la sono trovata così, piena di durezze concrete, di ingenuità, di esaltazione. Il silenzio non era possibile. Ho parlato molto e ho anche scritto. Parlato perché avevo amici. Scritto, perché ho tenuto me stessa per amica e ho accettato lo specchio della parola fermata sulla carta. Uno specchio, d’acqua o di carta, si richiede per non perdersi, per riconoscersi, per farsi coraggio”.

 

(dalla sezione “Poesie salvate”)

 

Si nasce nelle case

ma in povertà assoluta

manca perfino l’amore fra i grandi

ci soffia addosso in maniera spietata

il vento della libertà

fora le carni tenere

nascono allora gli anticorpi

chicchi salati

germi della immaginazione

che esplode ad ogni esperienza.

Se mancano mattoni

portiamo noi le pietre da lontano

e ci bastano sguardi curiosi

o l’avere incrociato un fiato caldo

per rimanere in moto anche la notte.

LIBERTA’ E BISOGNO

(autobiografia in breve)

Ho scritto questo testo, paragrafo per paragrafo, in alcuni anni. Procedevo in tutte le altre attività e riuscivo nel frattempo a rivivere me stessa. C’è stata anche l’interruzione di due anni per una grave e mortale malattia, seguita da lunga convalescenza. E nel 2008, l’anno per me degli ottant’anni, esce questa storia di vita, storia di me fra gli altri e gli eventi.

L’Editore è Bastogi di Foggia. Ogni capitolo ha il nome di una fase del giorno, da “L’alba” fino a “La luna e le stelle” e “Un punto nell’infinito”. Ogni capitolo è illustrato, con disegno a matita, in modo coerente e gentile, per me commovente, da Giampiero Falteri. Ecco le ultime righe da la prefazione di Lia Bronzi.

 In tal senso la forza testimoniale di Alberta supera agevolmente l’alchimia del documento per farsi scienza della storia che sa cogliere la continuità e le interazioni delle varie manifestazioni dell’arte, per farsi poesia”

 E per citare me stessa questa volta cosa prendo. Quale degli infiniti momenti devo copiare?

 Cos’è la vita di un bambino senza stimoli? Si può vivere e crescere in una famiglia che possiede poco o nulla, ma non si vive e non si cresce senza venire stimolati. Si può soffrire perché i familiari hanno rapporti fra loro conflittuali e inquieti, assistere a liti, a gesti e toni di voce lamentosi o violenti, ma siamo ancora salvi se qualcuno si incarica di starci intorno”

 Ricordo le truppe alleate che passarono sui loro mezzi per Via Vittorio. Ero un po’ sbigottita, ma anche loro, mi sembrò. La guerra è più reale che naturale. Ricordo, dopo, la loro gentile e romantica persecuzione, soprattutto quella dei soldati americani. Non potei approfittare più di tanto della loro cioccolata, per la severità di mio padre e mia stessa”

 Ancora fatti e fatterelli che sotto la vòlta del cielo, lungo la storia personale e soprattutto lungo il tempo, brillano quanto possono. Senza di loro non nasce il tessuto di una vita, non si stende il tappeto per i nostri passi. Che è anche tappeto per la nostra sospensione, il nostro arco”

 

 

 

IN MEZZO AL CERCHIO

Dal Cenacolo di Santa Croce, preceduto dallo Studio Pasqualin di Piazza Strozzi e dalla Galleria Numero di Via degli Artisti, approdo allo Spazio Melauri studio di pittura e al Perseo Centroartivisive. Cioè, la poesia fra l’arte. Con i miei testi dalla raccolta di Linguaggio Espressivo intanto, guadagno l’amicizia di Franco Manescalchi, che li accoglie sul periodico Stazione di Posta. E fa per la mia poesia, nel 1989, con la sigla “Caratteri”, il libro numero tre: “In mezzo al cerchio-sonetti in prosa”. Fra tante e felici altre cose, nella sua prefazione dice questo.

D’altronde, il movimento dalla prosa al verso concentrato e perciò illuminato ed illuminante è complementare nel laboratorio medesimo e non una forma di superamento. Così era anche in Campana. Ora ci troviamo di fronte ad una esperienza della parola che cerca l’ESPERANTO, ovvero la sintesi dei linguaggi per ipotizzare un’uscita dalla moderna Babele. . . . Se le radici sono nette si può anche dire . . . che Alberta Bigagli rimane uno splendido caso a sé, perché la SATURA è ricondotta alla ferma unità dell’essere”

 

( da “Sono spiata”, i primi due paragrafi)

 

Donne antiche tribali in cerca della mia cordialità sanno

di quanto sia sicura la ventata la gioia ma vogliono

aperta la capanna che io viva di me non è tollerato.

 

Eppure dai silenzi dal vuoto dal mio fare teatro

dentro i cantucci delle piazze grandi partono cavi

luminosi forti laser azzurro verde a unire volti meticci.

TRE VOCI E UNA MANO

1990, comincia l’ultimo decennio del secolo passato, il mio. Questa volta Paolo Ruffilli mi fa, per la collana “I Piombi” delle Edizioni del Leone di Venezia, un libro che rimarrà importante nella mia storia. Perché costruito con i dialoghi, continuati sistematicamente, fra me e due giovani donne. Mario Lunetta accetta con vero interesse di fare la prefazione e fra l’altro dice questo.

 “E’ piuttosto incredibile, ma in questo caso vero: una vocazione decisamente lirica si trasforma in disposizione analitico-paradossale . . . Alberta Bigagli usa materiali di carattere lirico ma al contempo adotta un procedimento che nega bruscamente l’identificazione patetica con questi stessi materiali e perciò stesso ne mette in OFF-SIDE l’ideologia di base”

Partecipa anche l’amico Pietro Civitareale con una post-fazione e da lui tolgo questa citazione.

. . . Ciò rende la poesia della Bigagli aprioristicamente “plurale”, ossia aperta a sbocchi semantici polivalenti . . . in cui l’io si lascia prendere e avviluppare fino a confondersi con la poligrafia delle immagini . . . In questo mare naufragare è dolce e angoscioso al tempo stesso”

 

PATERNITA’ ED EGO, seconda parte

 

Io dico a te di stare più in compagnia dell’altra

finché piansi il cielo marino era alto i fichi

d’india noiosi e folta macchia senza uscita.

La notte udimmo quel suono di piffero era un nano

uscimmo e camminammo nella scia eravamo già salve”

DIAMANTI

Questa volta è Walter Nesti che mi spinge a fare un libro con “Masso delle fate” di Signa, perché finalista in un concorso. Ho antipatia per i concorsi ma un po’ mi sono data da fare ed ho ottenuto a volte buoni o eccellenti risultati. Ma non ne parlerò. Questo libro riporta, nella seconda parte, commenti poetici su foto, quadri e sculture di amici e amiche. L’immagine è per me uno dei maggiori stimoli. Il libro parte dalle cose di un passato tutto fuoco, vedi la sezione “Disincagli”, si smorza in “Lavorazioni” e in “Scambi” si concede appunto agli amici dell’arte, anche conversando senza precisi riferimenti. Un libro liberante.

Giuseppe Baldassarre, amico della mia-nostra Associazione “900-Libera cattedra di poesia, ecco quali espressioni mi dedica nella sua prefazione.

Il linguaggio è ormai giunto a una fluidità guidata sapientemente, dal giocoso neologismo, al lirico, al cadenzato ritmo delle quasi prose. Si tratta di elementi che l’autrice aveva già utilizzato e che ora ha raffinato ulteriormente, per esprimere quello che, per riprendere una definizione di Franco Manescalchi valida anche per questo libro, è “un mosaico sparso, sperso e ricomposto nell’evento poetico”

 

DIALOGAMMO, da “Disincagli”

 

Mi accompagnano lunghe ore brevi

mi chiama il mare della solitudine

la vita è solo un leggero cammino

e vagabonda per via mi rapirono.

Sangue ho colore della terra arata

sai che verrà improvviso il nulla

non lasciarti sfuggire il mio pensiero

benedicimi tu nei giorni nostri.

Entrerò nei tuoi sogni ed amori

mi inviterai presso te con pudore.

Madre futura ho gli occhi di gazzella

nacqui alla tua alla vostra luce.

PAESAGGIO MOBILE

Attraverso un premio per novelle fantastiche, mi si conferma l’amicizia con Anna Ventura de L’Aquila e nel 1999 lei cura un mio, credo prezioso, piccolo libro per Tabula Fati di Chieti. La vecchiaia non mi ha resa ripetitiva ma mi ha maturata. Dalla maniera concreta, che mi fa cantare qualsiasi minimo evento, e la maniera collettiva, quella degli Incontri di Linguaggio Espressivo, sono passata alla maniera visionaria e quella meditativa. Il librino porta appunto le mie prime “Visioni” e i miei primi “Salmi laici”, che Anna subito amò. Ecco uno stralcio di tipo generale dalla sua prefazione.

Questi gli aspetti della poetica di Alberta Bigagli: la parola lieve ma perentoria, l’ironia, il gusto per la metafora coraggiosa, la sentenziosità arguta, quella “gestualità compostamente mancina” di cui parlò, con espressione insostituibile, Mario Lunetta nella prefazione a “Tre voci e una mano”

 

L’UOMO DEI SOGNI

(Parla l’amico Nello)

 

Una volta ho veduto un laghetto

chiaro fra due monti rotondi

sopra passava un aquilone azzurro.

Un’altra volta ho sognato la mamma

piccola e bellina con la veste nera

e la pezzola nera sopra il capo

bene annodata sotto al mento.

Era messa in un urna di vetro

su un altare di chiesa addobbato.

Per il gioco dell’otto fa 52

ma il padrone ordinò la partenza

e la giocata non potetti farla.

I SALMI LAICI

I primi cinque come ho detto erano apparsi su “Paesaggio mobile”. Procedevo così. Nome: “Pronunciamento primo”, secondo ecc. Di seguito, tredici terzine di versi lunghi, numerate in numeri romani. In questa parte della mia opera metto in dialogo fra loro elementi morali della vita, contrastanti, essenziali e al tempo stesso toccabili. Povertà e Regno, Incontro e Solitudine, Ironia e Convenzione, Nostalgia e Avventura, Pazzia e Ragione. Ne ho scritti nove di Salmi o Pronunciamenti. I secondi quattro sono apparsi, per opera di Walter Nesti, sul numero 38 di Punto di Vista di Padova, quando era cartaceo. Presenta la poetessa Luisella Palmieri. Ecco una sua frase.

Pronunciamento in spagnolo vale dichiararsi, ribellarsi, sollevarsi . . . dal latino: proclamare, esporre, pubblicamente e in modo solenne, ma anche annunziare, predire. Forza, fierezza, responsabilità, ma anche come un profumo di ieratico e frugale, cameratesco e paterno, conviviale ed eucaristico “fate questo in memoria di me”

Quali gli ultimi temi-personaggio? Innocenza e Maturità, Cinismo e Depressione, Idolatria e Fierezza, infine Amore e Morte, per il nono.

 

PRONUNCIAMENTO NONO

 

I – Sparano o si che sparano i cavalieri selvaggi

ed i colpi che arrivano a segno quale segno?

L’uccisione di corpi uguali ai loro stessi.

 

VIII – Eppure eccola là la donna bella e altera

che scende lungo il piano con il grembio bianco

sopra alla veste lunga ed i secchi dell’acqua.

 

X – Porta conforto a sete e soffoco di chi

batte sopra l’acciaio il binario della promessa.

Da lei da loro riprenderanno le illusioni.

DALLA TERRA MUOVO

Testo maturo, autrice matura come tale e per l’età, nel terzo anno di un immaturo secolo, il duemila. Giovanna Vizzari, cui chiederò la post-fazione, mi introduce presso la Book Editore di Bologna, attraverso Massimo Scrignoli. Ancora presentazioni e riconoscimenti, che non esibirò, ma soprattutto la sensazione che le ali si siano spiegate. In fatto di poesia, questa la mia capienza, questa la mia falcata, questa la quota del mio volo. E’ fatto da “Terra uno” e “Terra due” ma anche abbondanti “Visioni” e la discesa, con la sezione “Graffiti”, nel sottosuolo, forse per regredire e rinascere. Prendo dalla post-fazione.

Espone candidamente la sua solitudine ma sente il richiamo degli altri viventi, man mano che passa il tempo si avvicina alla gente e alle cose, ricorda quelle del passato, apre le braccia al mondo, come Leopardi nel suo ultimo messaggio “La ginestra”. E’ bella questa solitudine, è abitata”

All’inizio, dopo avere citato, è la prima volta che fo citazioni, Machado e Ungaretti, ecco la poesia che apre il rituale.

 

PROLOGO

 

Sì, scenderò verso di te suolo terrestre

non zolla ed erba ma pietra ed asfalto

dal respiro alterato persistente.

Mia placenta deforme ed ostinata

mostro paziente di maternità.

Farò ancora un ritorno da siderali pensieri

onde resti frenato il suicidio di carne.

Ma tu devi capirlo tu base culla

e ventre che questa mia materia

è stanca come la tua in quanto che

per esserti fedele io non posso non

addossarmi la tua stessa età.

IL SENTIMENTO DELLA STORIA

Decido, ispirata anche dai ritorni degli incontri con Franco Manescalchi, di pubblicare in uno dei suoi “Quaderni di Novecento Poesia”, alcune cose già apparse a stampa. Un poemetto su Anna Frank, mia coetanea, “E’ ancora il tempo di Anna”, chiestomi dalla poetessa e cantante Nina Maroccolo. Poi “Parla la mia amica Antigone”, testo di partecipazione a una lezione, presso la passata Associazione Novecento, di Erika Bresci e Giuseppe Baldassarre. Infine “Stop alla alienazione”, risposta in parafrasi a “Stop alla guerra” di Ferruccio Brugnaro. La prima composizione veniva dalla Rivista “Dibattito Democratico” di Pistoia, la seconda dall’Antologia “Slanci e partecipazione” della Bastogi di Foggia, la terza da uno dei miei tanti giornalini artigianali, uno di quelli con copertina azzurra, dedicato all’Associazione Giardino dei Ciliegi.

 “E’ ancora il tempo di Anna” è diviso in sezioni. Prendo dall’ultima che si chiama

 

ORA CHIEDIAMO LA SALVEZZA A TE ANNA FRANK

 

E’ nata la presenza distruttiva del kamikaze.

E’ stata ammessa con cinismo dai Cesari attuali

la somiglianza il gemellaggio fra la guerra e la pace.

Noi siamo attoniti e fortemente ti pensiamo.

Bisogna d’ora in poi che siano resi silenziosi

il tuo ricordo e il tuo nome e tu lasciata nella

tua pietra mitica al sole al vento alla pioggia.

Tu sei per noi e rimani fonte e adolescenza.

Tu sei e rimani attesa senza tensione né fine.

ANNA E’ ANIMA